[Nota: Questo articolo è stato scritto nel 1986: ero molto giovane. Forse può divertire vedere come appariva allora il mondo dei computer game a un giovanotto che aveva appena smesso di giocare a Space Invaders, e che si era entusiasmato di fronte alla possibilità di esperimenti letterari al computer. In tempi recenti ho ripreso a interessami di giochi di avventura, o meglio, come piace dire oggi, di letteratura interattiva (interactive fiction). L'avvento della grafica nei computer game ha presto ridotto la letteratura interattiva a una nicchia per appassionati. Per un verso un peccato, perché pochi la conoscono; per l'altro una fortuna perché è diventata un genere letterario indifferente alle logiche di mercato. Ecco qualche consiglio per chi vuole saperne di più.]

Bruno Bassi (bruno@brunobassi.it)
Nei labirinti del romanzo interattivo (1986)

"Il tempo si biforca perpetuamente verso innumerevoli futuri" [1]. Il Borges di Finzioni inquieta il mite uomo di lettere con una visione del mondo ormai abituale al moderno lettore di fantascienza, più avvezzo ai viaggi nel tempo che alle merende in campagna. Siete stati vittime di un'infanzia disastrosa? Beh, vi conviene fare un salto nel passato e dare una tirata d'orecchi ai vostri genitori, magari prima ancora che si incontrassero. Potreste anche diventare padri di voi stessi, volendo.

La possibilità di viaggiare nel tempo porta con sé diverse implicazioni interessanti, a seconda della variante proposta:

Quello che è stato è stato e non si può cambiare: in una avventura vecchia di almeno dieci anni, Topolino e Pippo scoprono, durante un viaggetto nel passato, di non essere neppure in grado di spostare un filo d'erba: i passanti non li vedono, e le gocce di pioggia, se li colpissero, li trapasserebbero da parte a parte.

Quello che è stato è stato, e noi possiamo parteciparvi: Dan Davis, protagonista di La porta sull'estate [2] si trasferisce per ragioni tutte sue dall'anno 2000 al 1970, non osando però intervenire sul proprio passato. "Che cosa sarebbe successo se fossi entrato e avessi sgozzato il mio corpo impotente?" Sembra che l'eventualità faccia parte delle non-possibilità escluse dallo schema fondamentale dell'universo.

Quello che è stato era soltanto una delle infinite possibilità: si può cambiare, eccome! Marty, skateboardista prodigio di Ritorno al futuro, dopo alcune sarabande nel 1950, ritorna ad un futuro diverso da quello che aveva lasciato.

Questo ultimo, certo il caso più stimolante per lo scrittore di fantascienza, comporta l'idea che esista un certo numero di varianti possibili del mondo in cui viviamo (una in cui la Russia è una monarchia costituzionale, una in cui questo articolo è scritto in cinese, e così via), denominate confidenzialmente "mondi possibili". Nel nostro secolo più di una disciplina si è occupata seriamente di mondi possibili: da una parte alcune "scienze umane" come logica e semiotica, impegnate ad indagare questioni semantiche o a rendere conto di alcune modalità di fruizione letteraria; dall'altra paradossalmente una scienza esatta come la fisica, la quale attraverso la meccanica quantistica e il Principio di Indeterminazione si è scontrata con faccende riguardanti fino a poco prima, e casomai, la meta-fisica [3]. In questi anni di interdisciplinarietà e di sintesi da Reader's Digest, non ci meraviglia il vedere capolavori di contorsionismo concettuale, un tempo riserva di caccia di pochi studiosi, incarnarsi in qualcosa d'altro ed entrare, così camuffati, nelle case della gente. E’ venuta la volta della logica dei mondi possibili, le cui problematiche fanno capolino di sotto alle prime avvisaglie di romanzo interattivo.

Il romanzo interattivo, una trama che letteralmente si forma mentre procedete nella lettura. Le pagine dei Promessi sposi si materializzano sotto le vostre dita, le lettere stampate guizzano veloci sulla carta per assestarsi definitivamente nel preciso momento in cui le raggiungete con lo sguardo. L'andamento della narrazione dipende da voi, dal vostro umore del momento, dalle vostre preferenze stilistiche. Renzo può decidere di farsi frate, l'autore può indulgere a trovatelle goliardiche, eppure... eppure in qualche modo sono sempre i Promessi sposi, con quel che di indecifrabile che li caratterizza. Si tratta di un ossimoro? Di un sogno senza senso, con un piede nella follia e l'altro nella fossa? Nel resto di questo articolo ci occuperemo di due incarnazioni in fasce di questo sogno, mediate l'una dalla vecchia carta stampata, e l'altra dall'onnipresente elaboratore elettronico.

1. Struttura di un libro-game (Negli abissi di Kaltenland, parte iniziale): un grafo temporale. Ogni nodo rappresenta una situazione della storia, legata ad altre situazioni precedenti e successive mediante connessioni temporali, ovviamente percorribili in un solo senso.
2. Struttura di un gioco di avventura (The Hobbit, Melbourne House, parte iniziale): un grafo spaziale. Si tratta né più né meno che della mappa del "campo di gioco". L'avventuriero può percorrerlo in lungo e in largo mentre altri personaggi, pilotati dal computer, vi si aggirano autonomamente.

Il libro-game

La recente pubblicazione da parte delle Edizioni E.L. di alcuni libri-game inglesi (L'altare del sacrificio ed altri, collana Lupo Solitario) ci offre l'occasione per parlare di questo filone che ha infine varcato le nostre frontiere (qualcosa di simile era stato edito nel 1982 dalle Nuove Edizioni Romane: Avventura nell'isola, un libro per ragazzi). Alle origini sia di questi libri interattivi, sia degli adventure games (di cui parleremo tra poco), si trova un gioco di società praticato in Inghilterra e in America una quindicina di anni fa, e che non ha mai raggiunto l'Italia. Dungeons & Dragons (ovvero Sotterranei e Draghi) era qualcosa di molto diverso dai tradizionali giochi di carte o di percorso con tabellone: l'ambientazione e la trama delle partite venivano affidate alla fantasia dei giocatori, attraverso una mole spropositata di regole e le decisioni prese preventivamente da un giocatore designato [4].

Il libro-game è una sorta di Dungeons & Dragons per un solo giocatore; se manca dell'elemento agonistico, esso ha dalla sua la possibilità di essere giocato in qualsiasi momento: una partita può durare molte, molte ore... Il gioco consiste nell'immedesimarsi nell'eroe della storia e portare a termine una certa missione nei suoi panni. Inutile dire che siamo più interessati alla struttura del libro che alla sua particolare ambientazione, che spesso si orienta ineluttabilmente verso i toni forti da film dell'orrore, con dovizia di incantesimi, profezie, mostri e belle principesse da salvare. Prima di iniziare la partita occorre sorbirsi alcune pagine di istruzioni: cosa siamo in grado di fare, quali oggetti possiamo portare con noi, come si svolgono i duelli, eccetera. Poi ci si tuffa nell'avventura, che si svolge attraverso una serie di brevissimi episodi (grosso modo quattrocento) sistemati alla rinfusa e numerati, tutti collegati tra loro. Un episodio, per esempio, può concludersi così: "Se decidi di entrare nella taverna, vai a 132; se preferisci continuare lungo la strada, vai a 301; se possiedi la Disciplina Kai del Sesto Senso, vai a 210". L'insieme degli episodi definisce un grafo che ricorda da vicino la visione per mondi possibili suggerita da Borges come da alcuni fisici della prima metà del secolo. Uno qualsiasi dei percorsi possibili sul grafo costituisce una avventura compiuta, diversa da tutte le altre.

 L'adventure game

I giochi per computer presenti attualmente sul mercato si prestano a più di una classificazione [5]; possiamo comunque pacificamente suddividerli in videogiochi propriamente detti (tutti quelli che troverebbero posto in un bar) e giochi per personal computer (venduti sotto forma di software e destinati per natura a godere di altri tipi di distribuzione). Tra i secondi, che di solito comportano tempi di gioco piuttosto lunghi e mirano alla riflessione del giocatore più che ai suoi riflessi, possiamo ulteriormente distinguere i giochi cosiddetti di simulazione (pilotare un aereo, comandare un esercito) dalla ben identificabile famiglia degli adventure games, o giochi di avventura, programmi che per ragioni di mercato vengono approntati quasi esclusivamente per macchine piccole e molto diffuse. (Commodore 64, Sinclair Spectrum, Apple II).

Un adventure, come un libro-game, offre al giocatore una trama da modellare interattivamente in vista di un qualche scopo, magari semplicemente quello di sopravvivere. Ma le differenze tra i due sono forse più che le somiglianze.

Tanto per cominciare, il gioco di avventura, anziché proporre un carnet di possibilità ad ogni pié sospinto, si aspetta esclusivamente comandi in linguaggio corrente (di solito in inglese, ma già da tempo sono comparsi alcuni giochi in italiano). Cioè, l'avventuriero inserisce frasi come "apri la porta" o "vai a sud", e l'elaboratore di rimando esegue quanto richiesto, nel senso che comunica attraverso lo schermo l'effetto del comando ed eventualmente traccia l'illustrazione relativa. Inoltre per giocare non occorre alcuna istruzione preliminare, e barare è quasi impossibile.

Ma quello che più notevolmente distingue il gioco di avventura dal libro-game è la sua organizzazione interna, invisibile al giocatore, che produce schemi di gioco di complessità molto elevata ed una enorme proliferazione di trame eventuali, grazie alla capacità di elaborazione del calcolatore. Là dove il libro è costretto a prevedere esplicitamente tutte le ramificazioni temporali possibili (contenendo quindi l'intero "grafo di flusso" narrativo), l'adventure si limita a riferirsi ad una rappresentazione spaziale dello scenario della storia, una sorta di labirinto costituito da un certo numero di locazioni e dalle loro connessioni, memorizzato in forma matriciale. Il giocatore sarà libero di spostarsi a suo piacimento all'interno di questo labirinto, incontrando passaggi segreti, porte sbarrate, oggetti da raccogliere, nemici da combattere; ma soprattutto verrà più volte costretto a sforzi di immaginazione per risolvere svariati problemi (come uccidere il drago?, ma anche: come dimostrare che Basil Phipps è l'assassino della signora Jones?).

Le ambientazioni dei giochi di avventura oggi disponibili tendono a soddisfare un po' tutti i gusti, variando dal medioevo alla fantascienza, dai romanzi di Tolkien a quelli di Conan Doyle. Gli autori si ispirano sempre più spesso a romanzi esistenti (quando non sono i romanzieri stessi a scendere in campo), assicurandosi così trame di una certa consistenza [6].

Ritorniamo per un momento al sogno del romanzo interattivo, e al suo ipotetico futuro. Che il libro-game e il gioco di avventura non ne siano stati che i primi ed ultimi conati? La risposta, è inutile scriverlo, dipende strettamente dallo sviluppo delle nuove tecnologie, dalle possibilità di mercato, e via dicendo. Il videodisco potrebbe spodestare l'aspetto linguistico finora dominante e trascinare verso il film interattivo, l'olografia verso la scultura interattiva, gli strumenti elettronici verso la musica interattiva. Non so. Gli ostacoli maggiori stanno comunque probabilmente ai livelli del concepimento e della organizzazione logica dei programmi necessari. Un problema, come al solito, tutto umano.

Note

[1] Jorge Luis Borges, "Il sentiero dei giardini che si biforcano", in Finzioni, 1944 (J.L.B., Tutte le opere, Mondadori, 1984).

[2] Robert A. Heinlein, La porta sull'estate, Mondadori, 1959.

[3] Per un resoconto filosofico, vedi Giuliano Toraldo di Francia, Le cose e i loro nomi, Laterza, 1986; dal punto di vista della fisica: Richard Feynman, La legge fisica, Boringhieri, 1971 e Paul Davies, Universi possibili, Mondadori, 1981; per quanto riguarda un approccio semiotico: Umberto Eco, Lector in fabula, Bompiani, 1979.

[4] Notizie dettagliate su Dungeons & Dragons e gli adventure games si trovano su: Sherry Turkle, Il secondo io, Frassinelli, 1985 e Mike Grace, Adventure e Commodore 64, Jackson, 1985.

[5] Un tentativo recente è contenuto in: Piero Schiavo Campo, Carlo Tibaldi, I computer games, Supernova, 1985.

[6] Vedi Alessandra Guadagni, "Alice, entro nel video e sono da te", Genius n. 15, dicembre 1985, dove tra l'altro si considera il gioco di avventura come materiale fiabesco presentato sotto nuove spoglie, che però conserva quasi intatto il potenziale immaginativo della fiaba.


Questo scritto è stato pubblicato in  Lineagrafica 1/1987.